Fatto
sta che poderosa è davvero l’immagine che egli ha derivato dalla
trasposizione del mondo meccanico nel regno della pura speculazione artistica.
Veramente assistiamo in questo teatro dei congegni ai drammi e alle fantasie
del metallo, o come alle proiezioni fatte manifeste di un suo segreto, seducente
immaginario di azioni e di vita, di contrasti e di attrazioni, aventi per
parametri la tensione, l’equilibrio, la forza la misura, la geometria,
l’impulso, la pressione. Una disumana ma tesa idealità presiede
alla loro messe in scena.
È quanto di più inedito e originale abbia proposto la scultura
degli ultimi dieci anni; ed anche di avvincente, una scultura capace di imporre
il vigore dei propri volumi senza rinunciare al rigore e persino alla succinta
eleganza dei profili.
Il provvisorio mutamento di stile, oltre a sorprendere per la straordinaria
versatilità di Ghiotti, mette a nudo, appunto, l’impulso poetico
che nutre la sua ispirazione.
La notorietà della scultura di Massimo Ghiotti, per quanto già
estesa, non è forse ancora all’altezza della sua davvero cospicua
levatura. Essa mi conferma in una opinione che ho già più volte
avuto modo di esprimere: ovvero che la scultura è il vero baluardo
dell’arte di oggi, la custode vitale ed energica delle sue peculiarità
e funzioni, a confronto della diaspora e dei virtualismi della pittura.
Maurizio Calvesi